
Qualsiasi azienda è portatrice di interessi per gli shareholders e per i diversi pubblici che le ruotano intorno, come i dipendenti, i fornitori, il sistema bancario, i clienti…
Ciascuna di loro nel ciclo passivo movimenta materie prime e servizi, mentre nel ciclo attivo vende beni e servizi che generano movimenti logistici. Nel mezzo vi è un ciclo di trasformazione che può essere più o meno lungo e laborioso: per essere venduti, i prodotti devono farsi conoscere!
Ecco che entrano in campo tutte le azioni di marketing quali trade marketing (visite degli agenti, fiere, cataloghi, listini) sito web e comunicazione in generale.

Il primo passo del Percorso Virtuoso è la presa di coscienza che ciascuna di queste azioni (trasformare beni, venderli, pubblicizzarli) genera emissioni di CO2, causa primaria del cambiamento climatico e del surriscaldamento del globo terracqueo.
La problematica è nota al pubblico dal Protocollo di Kyoto, il trattato internazionale in materia ambientale riguardante il surriscaldamento globale che, entrato in vigore nel 2005, aveva posto l’obiettivo (purtroppo ampiamente non raggiunto) della riduzione in misura non inferiore all’8,65% delle emissioni di biossido di carbonio (CO2) e di altri cinque gas serra (metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, esafluoruro di zolfo).
Il pensiero alla base è ormai noto e accettato dalla comunità scientifica internazionale: la maggior parte dell’innalzamento della temperatura globale avvenuto dalla metà del secolo scorso ad oggi, con tasso di incremento in crescita esponenziale, è causato dalle attività dell’uomo, soprattutto le attività economiche.
È fondamentale rendersene conto e cominciare a certificare la produzione di CO2 della propria azienda, a cominciare dalle piccole cose: un catalogo, una fiera, il sito web.
Dalla certificazione si passa all’azione, secondo il metodo che abbiamo chiamato